Alle 21:05 (ora italiana) di mercoledì 30 ottobre, il fondatore di Twitter, @Jack, ha annunciato tramite una serie di tweet che la sua piattaforma non avrebbe più accettato inserzioni a tema politico.
Motivo di questa decisione, stando a quanto riportato dalla catena di tweets, consisterebbe nel principio del “guadagnarsi il consenso” delle persone senza dover ricorrere al denaro.
“Un messaggio politico guadagna quando le persone decidono di seguire un account o ritwittarlo”, dice Jack, “Pagare inibisce quella decisione, forzando messaggi politici ottimizzati e mirandoli alle persone”.
Viene fatto anche un riferimento al fatto che il consenso politico può essere pilotato, influenzando il futuro di milioni di individui.
Non vengono lasciate per ultime le fake news, ottimizzazione delle condivisioni tramite machine-learning, deep fakes, mancato controllo della veridicità delle informazioni condivise e “micro-targeting”, ossia mirare agli individui più vulnerabili, facendo pressione su punti deboli o su argomenti più o meno graditi.
Jack Dorsey è pienamente cosciente che Twitter rappresenta una fetta non indifferente dell’intero ecosistema delle campagne pubblicitarie di tutto il mondo, ma non possono essere tralasciati i dati riguardanti quei movimenti sociali estremisti o dannosi per la società, i quali sono stati osservati raggiungere consenso politico a dismisura e oltre le aspettative, portando la piattaforma ad agire di conseguenza per limitare i danni presenti e futuri.
Come ultima argomentazione, Jack parla senza mezzi termini (anche per via dei 280 caratteri limite) della libertà di espressione, affermando che “non si tratta di libertà di espressione, ma di pagare per raggiungere consenso”.
Dato che questo sito rappresenta me e non una testata o una compagnia, esprimo il mio personale e sincero parere: sono d’accordo. La politica non dovrebbe essere così inserita nella quotidianità degli utenti. Non dimentichiamoci che, fonte il servizio di Report al riguardo, un partito politico in particolare ha abusato della possibilità di diffondere messaggi politici e propagandistici sul social network Facebook, andando a colpire anche minorenni e diffondendo fake news.
Come si dice, “per colpa di qualcuno, non si fa credito a nessuno”.
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